La dipendenza da videogame viene descritta, all’interno del Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) con il termine di Internet Gaming Disorder, dove viene definita come l’utilizzo ricorrente e persistente di internet per giocare, spesso con altre persone, che porta ad un disagio clinicamente significativo identificato da una serie di sintomi che si presentano nell’arco di 12 mesi.

L’individuo si coinvolge in giochi di ruolo interattivi che consentono di far partecipare allo stesso gioco utenti da più luoghi, anche lontani, nello stesso momento, abbattendo i confini spaziali e quelli temporali. Si creano, inoltre, delle vere e proprie comunità di giocatori che si contattano attraverso sms, videochiamate, whatsapp, chat e si organizzano nelle modalità di gioco e condividono le strategie da adottare.

La persona che gioca online si costruisce spesso una identità fittizia, utilizzando un “avatar”, cioè un personaggio virtuale, con cui frequentemente si identifica, oppure dei nickname; aspetti che consentono di navigare in rete in modo anonimo, rendendo il soggetto meno vulnerabile nell’interazione virtuale rispetto al mondo reale, dove la personalità di ognuno, nell’incontro con l’altro, si mette in gioco e si sperimenta continuamente.

Secondo la studiosa Kimberly Young (1998) i segnali clinici che identificano il giocatore dipendente sono collegati al grande ammontare di tempo trascorso su piattaforme di giochi virtuali, ai ripetuti tentativi, senza successo, di ridurre, di controllare o di interrompere l’attività e alla persistenza del giocare online nonostante i problemi familiari, sociali ed economici che questo comporta nella vita della persona.

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